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Storia di un artigiano fiorentino famoso nel mondo per le sue piantagioni di cacao a Sao Tomé e Principe
“Un cervello in fuga”, ma tale rimarrà. In Italia non è mai possibile coltivare caffè, pepe e soprattutto cacao. Claudio Corallo, fiorentino di nascita – specializzato in agronomia tropicale – è ovunque ritenuto come il produttore di uno dei migliori cioccolati al mondo. Ne hanno parlato le più prestigiose tv (Bbc), le riviste, in particolare lo hanno riconosciuto le testate inglesi e francesi e l’esperto di Express ha scritto: “sono furioso! Ho dovuto attendere solo oggi per conoscere il vero gusto del cioccolato di Corallo).

La storia di Corallo è avventurosa e affascinante. Dopo gli studi in agronomia, ha fatto il sommozzatore in una società di dragaggi a Trieste, poi con una società italiana di consulenza è arrivato nel 1974 nell’ex Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo). Qui il governo Mobuto Sese Seko lo ha assunto come ricercatore. Già esperto di coltivazioni locali, nonché abituato, come lui ama ripetere, a usare la zappa e il piccone per far le buche, nonché saper affilare un macete, decide di acquistare una piantagione di caffè da 1.250 ettari a Lomella nell’interno del paese. Per arrivarci da Kinshasa è necessario navigare in piroga per quasi due lunghe settimane sul fiume Congo, ma Claudio non vuole perdere così tanto tempo e, su idea di un geniale amico, fa costruire una lancia (DB1) per dimezzare i tempi di percorrenza. Purtroppo le vicende politiche dell’allora Zaire lo costringono a lasciare il Paese.Un vero peccato perché Corallo ha già messo a punto metodi originali nella coltivazione del caffè, promosso la collaborazione con altri agricoltori e creato lavoro per mille persone. Questo fiorentino verace, innamorato dell’ Africa centrale e delle coltivazioni tropicali, decide di restare a vivere in quel continente.

“Lasciato un Paese difficile come lo Zaire, segnato da continue rivolte – racconta Claudio – arrivai la prima volta a Sao Tomé e Principe nel dicembre 1992 e mi sembrò di entrare in paradiso, ecco perché decisi di trasferirmi. Per conoscere meglio l’isola affittai un vecchio taxi e subito colpito dalla moltitudine di piante di cacao dai frutti vistosi e diversi. A dir il vero, avevo pensato di continuare a coltivare caffè a Sao Tomé, ma la novità del cacao mi attirò a tal punto che convinsi un amico a farmi fare delle prove in una parte della sua vicina piantagione di caffè, in cambio io gli misi appunto il campicello. Producevo da anni caffè di altissima qualità, mi ripetevo e allora pensai che il cacao non sarebbe dovuto essere da meno. Così, per conoscere meglio il cacao mercantile, mi procurai diversi campioni dei migliori lotti presenti sul mercato internazionale e li assaggiai, mettendoli a confronto con le produzioni locali più interessanti di Principe. Con grande sorpresa, tutti i campioni acquistati sul mercato avevano più o meno accentuata un’amarezza che, dopo tanti test, mi convinsi essere provocata da difetti di trasformazione. Dedussi che, trattandosi di cacao mercantile, le cause fossero dovute al magazzinaggio che con l’umidità e il caldo equatoriale è sempre un problema per qualunque prodotto. Dovevo dunque scoprire le origini per riuscire a superare i difetti. Decisi che da ogni test di fermentazione avrei dovuto prelevare un campione per trasformarlo in pasta di cacao, ecco perché allestii un piccolo laboratorio per tostare, sbucciare e macinare. Capii che, se avessi voluto farmi raccontare qualcosa da queste trasformazioni, nella torrefazione e nella macinatura avrei dovuto mantenere vivi i caratteri originali del seme”.

Test, ricerche, confronti convincono Corallo a fermarsi in quell’isola dove ottiene una vecchia piantagione abbandonata di 120 ettari, la Terreiro Velho che si trova su un’isola a 160 chilometri a nord est di Sao Tomé (appartenente sempre alla Repubblica Democratica di Sao Tomé e Principe). Proprio in quest’isola il nostro imprenditore aveva scoperto un buon numero di piante che, durante le fasi di sperimentazione, gli offrono risultati molto promettenti. Corallo così diventa un caso unico: realizza il suo cioccolato nel luogo d’origine e controlla tutto il processo di produzione, dall’albero alla tavoletta, a differenza di altri produttori (anche di alta qualità) che comprano cacao da agricoltori che lo coltivano a migliaia di chilometri.

La qualità del cioccolato Corallo cresce di anno in anno fino a diventare un must mondiale. Nei più prestigiosi negozi arrivano tavolette con cioccolato 100% , 80%, 75% , 73,5% o con arance, zenzero e pepe coltivato nelle sue piantagioni, ma il processo di produzione è sempre lo stesso. Il cacao viene sbucciato a mano e i principi dei suoi primi test nella produzione vengono ribaditi, a cominciare dal rispetto per l’ambiente. Per far conoscere la realtà sul cacao e i suoi derivati, Corallo porta in giro per il mondo la degustazione “Capo Horn”, davvero intrigante, dove per prima cosa smentisce un luogo comune: se la fava di cacao tostata non è amara né nera, difficilmente si potrà ottenere un buon cioccolato nero e amaro come invece si pensa. Il secondo step è la prova della cioccolata calda , dove si mostrano amplificati pregi e difetti attraverso il calore e la diluizione. Quindi il test di un prodotto unico e sensuale “Ubric” (uva ubriaca), l’unico distillato da polpa di cacao, così ottenuto: uva passa macerata durante tre mesi nel distillato di moscato bianco o di amarene (del maestro Capovilla), poi combinato con cioccolato al 70% . Infine la “Tapenade”, dove Corallo sostituisce alla ricetta provenzale le olive con 100 g di cacao crudo; 90g di olio; 40 g di capperi; 1-2 filetti di acciughe, 30 g di aglio pulito. Insomma il cioccolato un perfetto sconosciuto da scoprire!

CLAUDIO CORALLO CACAO&COFFEE
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