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Purtroppo è sparito dalle tavole, o meglio non è più argomento di contest & Co. Un vero peccato perché è molto attuale nel periodo delle libagioni. Si tratta del torrone e affini (leggasi mandorlato) un tempo sulla cresta dell’onda. A dire il vero si trova ancora eccome, in quei banchi “vagabondi” (nel senso di girovaghi), trasformati in simil montagne, bianche, marmoree, che di fiera in fiera rendono allegra l’atmosfera con il loro profumo di miele, di mandorle, di nocciole tostate, posizionati vicini alle giostre per tentare i bambini. Una coreografia appunto che fa tornare tutti indietro, ai pantaloni corti.

Le insegne “Sebaste”, noto produttore langarolo e “torrone di Tonara” continuano a troneggiare: chi con la nocciola tonda gentile, chi con le mandorle o le noci. Che sia questa facciata popolaresca, in un’era in cui tutto è solo mediatico, ad aver reso meno diffuso il torrone? Eppure lo si trova sempre più spesso nei piatti di chef popolari, magari come fondo di una faraona o come ingrediente di un piatto di pesce, a giocare da comparsa. “E’ una contradizion che nol consente”.

Certo sono rimasti, qua e là, per l’Italia (Langhe, San Marco dei Cavoti, Taurinova, Cremona, Cologna Veneta, Aquila, Tonara, Gavoi) produttori di nicchia a far sì che resti un dolce da nasi sopraffini, ma purtroppo non c’è stata un’ importante difesa della qualità e della provenienza, così come ha fatto, da lungo tempo, la Spagna con i suoi torroni di Jijona e Alicante che hanno ottenuto la denominazione d’origine. L’unica eccezione, nel mare magnum delle produzioni locali, è il torrone di Bagnara Calabra, una tradizione, cominciata nella metà dell’Ottocento da Francesco Antonio Cardone, che ha appunto ottenuto l’Igp (indicazione geografica protetta) per le varietà Martiniana e Torrefatto.

Le variazioni sul torrone del Bel Paese, terra di diversità in ogni angolo, sono davvero numerose: diventa mandorlato (la capitale è Cologna Veneta) ma la differenza è davvero esigua, consiste solo nel metodo di lavorazione, mentre gli ingredienti sono simili: miele, albume d’uovo, zucchero e solo mandorle (nel torrone sono presenti più tipologie: nocciole, pistacchi, arachidi, mandorle, semi di sesamo e noci). Si trasforma in “Cubbaiata di Giuggiolena” in Sicilia, un vero e proprio croccante fatto di miele, zucchero, semi di sesamo (a volte con mandorle) scorza di arancia.

Fonte: www.gastronauta.it