mela brutta e mela bella

In questa storia abbiamo “il buono, il brutto e il cattivo”. Solo che quel che è brutto è anche buono, mentre di cattivo c’è solo lo spreco alimentare: quello che il collettivo Les Gueules Cassées (potremmo tradurlo come “i brutti ceffi”) sta combattendo da un paio d’anni, prima in Francia e ora in altri Paesi.

L’idea è venuta a Nicolas Chabanne, un imprenditore provenzale attivo nella rivendita della frutta: «Un mio amico vende le migliori albicocche che si possano immaginare – racconta Chabanne – e un giorno l’ho visto buttare un certo quantitativo di frutta solo a causa di una piccola abrasione sulla buccia provocata dai rami. Le albicocche erano perfettamente commestibili, mi ha spiegato, ma sarebbero comunque state scartate dal distributore».

Così nell’aprile del 2014 ha iniziato la sua battaglia anti-spreco insieme a Renan Even, presidente di una piccola compagnia di distribuzione ortofrutticola. Les Gueules Cassées autorizza a fregiarsi delle sue etichette (il logo è una mela sorridente con un occhio nero e senza un dente) quei produttori che praticano sulla frutta e la verdura difettata uno sconto pari ad almeno il 30% del normale prezzo di vendita. Gli “scarti di produzione” hanno le medesime garanzie di sicurezza alimentare dei loro equivalenti “belli” e vengono venduti nella stessa regione in cui sono stati prodotti. In questo modo ci guadagnano tutti: le aziende che recuperano i prodotti e i consumatori che li acquistano con un considerevole sconto.

Ma soprattutto ci guadagna l’ambiente, perché Les Gueules Cassées stima che addirittura il 40% del cibo sul pianeta finisca sprecato. Migliorare l’efficienza del sistema alimentare consentirebbe di risparmiare un miliardo di tonnellate di emissioni inquinanti e 210 milioni di tonnellate di cibo ogni anno.

In Francia il marchio della mela sdentata è ormai una realtà importante che unisce 800 agricoltori e aziende, stringendo accordi con giganti della distribuzione commerciale come Carrefour. Il fondo d’investimento newyorkese Global Emerging Markets ha assegnato un finanziamento di oltre 6 milioni di dollari col quale l’impresa di Chabonne si sta espandendo in vari Paesi.

Dopo il lancio del sito Too good to waste, il progetto – con il nome Ugly Mugs – è sbarcato in dicembre negli Usa, dove sono 300 i negozi coinvolti (l’obiettivo è raggiungere anche lì le grandi catene, a partire da Walmart). La Germania conterà in un primo tempo una trentina di punti vendita, a cui si aggiungeranno i 500 negozi che distribuiscono prodotti biologici col marchio delle Gueules Cassées. Altri ventuno Paesi sono interessati all’idea – e tra questi c’è l’Italia.

Ma Chabanne non è solo. Sempre nel 2014, la catena di supermercati Intermarché ha avviato una campagna per il recupero di frutta e verdura difettata. A San Francisco, una startup chiamata Imperfect si occupa della stessa missione: «Credetemi, gli agricoltori odiano buttare prodotti della terra perfettamente commestibili. A fare la differenza sono i distributori», assicura Ron Clark, cofondatore di Imperfect. Clark è anche tra i promotori di Farm to Family, un programma per redistribuire il surplus delle aziende agricole alle comunità che ne hanno bisogno. Fino a ora, grazie a questa rete, 140 tonnellate di verdura e frutta fresca sono state salvate dallo spreco. Non c’è proprio niente di brutto, vero?

Andrea Cascioli

a.cascioli@slowfood.it

Fonti: Le Monde
www.slowfood.it